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Michele Riccio ”l’avocat napolitain”

Michele Riccio nacque a Castellammare di Stabia nell’anno 1445 figlio di Nicolò e Mariella Correale. È stato un nobile, storico e giureconsulto italiano naturalizzato francese, conosciuto anche come Michel Du Rit (Michel de Ris o de Rys); conte di Cariati e signore di Giugliano in Campania e Trecchina. Alcuni studiosi in passato gli hanno dato i natali a Napoli, che fosse stabiese lo confermarono tra gli altri i concittadini quali il dott. Gaetano Martucci in: ” Esame generale de’ debiti istrumentari della città di Castellammare di Stabia” nel 1786, Catello Parisi in: “Cenno storico descrittivo della città di Castellammare di Stabia” nel 1842, Francesco Alvino nel 1845 in: “Viaggio da Napoli a Castellammare” che elencando le famiglie nobili di Castellammare (suffragato anche gli studi del Capaccio) al capitolo XXXII scrive : “Famiglia Riccio – Ed ecco la famiglia se non la più nobile, certo la più illustre che sia stata in Castellammare : ma molte e gravi difficoltà costò il precisarne la patria e fu questa a fatica sostenuta con molta alacrità dal diligente Martucci…” . L’architetto Giuseppe Cassetta nel 1838 in: ”Storia del Regno di Napoli”, edito nel 1838 riporta: “…Fiorì il famoso Michele Riccio, giureconsulto ed istorico, nativo di Castellammare di Stabia, ma gentiluomo napoletano del seggio di Nido (N.d.A.- I seggi della nobiltà nel periodo angioino erano quattro, quelli di Capuana, Forcella, Montagna e Nilo), e fu lettore primario di legge né pubblici studi di Napoli…”. Ulteriore conferma venne data anche dall’abate D. Francesco Sacco, allorquando presentando tra le città del Regno, Castellammare, nel “Dizionario Geografico Istorico Fisico del Regno di Napoli, Tomo I, Napoli 1795”, riporta: ”Questa stessa Città, la quale è stata patria del Giureconsulto Michele Riccio, comprende sotto la sua giurisdizione Vescovile cinque luoghi, i quali sono I. Botteghelle, 2. Mezzapietra, 3. Privato, 4. Quisisana, 5. Scanzano..” .

Michele Riccio ebbe come precettore l’umanista Pietro Summonte divenendo “esperto di diritto”. Il Re Ferrante d’Aragona gli assegnò nel 1487 la cattedra di legge nell’Università di Napoli. Nello stesso anno si sposò con Maria Carbone, figlia di Domizio Signore di Padula, Patrizio Napoletano, e di Moccia Aiossa. Con l’arrivo a Napoli del Re Carlo VIII di Francia, Michele passò al suo servizio e fu nominato consigliere, avvocato fiscale del Real Patrimonio e maestro razionale della Regia Zecca. Nel 1498 l’investì della contea di Cariati e del feudo di Giugliano in Campania. Dopo l’espulsione di Carlo VIII le cronache non chiariscono se lo seguì subito a Parigi o se rimase a Napoli. Durante il corso dei conflitti tra Angioini ed Aragonesi Luigi XII di Francia si impossessò di Napoli e Michele ne divenne consigliere, presidente del Sacro Regio Consiglio, luogotenente del gran protonotario. Inoltre il principe di Salerno Roberto Sanseverino gli donò il feudo di Trecchina. La pace tra i due contendenti al trono però durò poco ed iniziarono subito le battaglie militari e legali, alle quali contribuì Michele. Alla fine prevalse il Re Ferdinando il Cattolico ed i francesi furono costretti a lasciare il Regno, questa volta Michele li seguì a Parigi, lasciando la moglie ed i figli a Napoli. In Francia Michele continuò a ricevere onori divenendo consigliere del Supremo Consiglio di Parigi e della Curia del Parlamento di Borgogna e dal 1501 al 1502 fu presidente del Parlamento di Aix-en-Provence. In seguito, nel 1505, il Re Luigi XII lo rimandò in veste di ambasciatore in Italia dal Papa Giulio II. A quest’epoca risale la pubblicazione della sua più importante opera storica, il De regibvs Hispaniæ, Hiervsalem, Galliæ, vtriusque Siciliæ, & Vngariæ, historia. Dopo il soggiorno triennale a Roma continuò la sua missione diplomatica a Genova nel 1506 e a Firenze nel 1508. Una volta rientrato in Francia, fu nominato “maestro delle inchieste” (segretario di Stato) e presidente del Parlamento di Parigi. Godeva di una tale stima presso il sovrano da essere comunemente denominato “l’avvocato napoletano”. Con ogni probabilità una figura così importante e scomoda attirò verso di sé invidie, gelosie e sospetti. Una volta divenuto Ministro della Corona, morì improvvisamente, forse avvelenato nel 1515. Anche la moglie morì di morte violenta qualche anno dopo, fu trucidata a Pozzuoli per mano di pirati turchi il 5 giugno 1520. Furono entrambi sepolti nella Chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli all’interno della cappella di famiglia. La lapide di Riccio, posta all’interno dell’altare di San Girolamo realizzato dallo scultore Tommaso Malvito, riporta la seguente iscrizione: Michaeli Ricio Civilis Pontificiique Juris Consultissimo in Italia et Gallia amplissimis honoribus e uncto io Sebastianus Patri B. M. Anno MDXV. In Francia presso la Biblioteca Nazionale, firmate Michel du Rit, sono tuttora conservate e consultabili alcune opere dello stabiese.

A cura di Giuseppe Plaitano

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