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Sonetti al Patrono di Stabia

Un non meglio identificato don Gennaro Amato, nel 1847, dopo essere stato a Castellammare per “passare le acque”, rimasto soddisfatto dei risultati ottenuti, pensò bene di descrivere le proprietà terapeutiche di ciascuna di queste in un “Regolamento Poetico” nel quale, in perfetta rima, spiegava dosi e orari di assunzione delle acque, invitando il lettore alla scrupolosa attenzione a quanto scritto. Non è la prima volta, né sarà l’ultima, che qualcuno pensi di dedicare versi in rima, alla città di Castellammare di Stabia e alle sue bellezze. Tale opuscolo era, ed è, parte integrante del manoscritto dal titolo (fin troppo lungo): “Regolamento poetico terapeutico su le dodici differenti acque della rinomata città di Stabia o sia Castellammare contenenti i nomi, effetti, dosi e metodi di beverle. Composto sopra luogo e gloria di S. Catello Coppola, vescovo, cittadino, patrono e protettore degli infermi: don Gennaro Amato di San Potito in terra di lavoro; in ringraziamento della guarigione ivi ottenuta nel 1847. Per utile e guida de villeggianti esteri basato con l’esperienza e nozioni della Enciclopedia della medicina pratica compilata dietro rigorosa analisi da più dotti Fisici del Regno. Con la descrizione della bellissima e deliziosa città. Caserta 1848 dalla Tipografia della Intendenza”.In questa guida, oltre al Regolamento Poetico sulle acque, vi si ritrova anche questa poesia, sempre in rima, dedicata al Santo Patrono:
A Te, che in Stabia la tua
culla avesti,
e da Mitrato il pastoral regime:
che i Dei d’Averno
debellar sapesti,
del monte Gauro su le
aplestri cime:
che degno in Cielo di salir ti festi
con l’esercizio di Pietà sublime:
Divo Catello, a Te ricorrono: intanto della Tua patria accogli
un piccol canto.

Dopo quasi sessant’anni da questa pubblicazione, nel 1914, presso la Tipografia De Martino di Piazza Municipio,28, un sacerdote stabiese, don Catello Manniello diede alle stampe un piccolo libricino dal titolo “Il Patrono di Stabia (Serto poetico in onore di San Catello con annotazioni)”. Vi sono riportati ben 14 sonetti ed un canto che ripercorrono la vita del patrono stabiese. In ordine: Il pregio maggiore di Stabia- L’Angelo di conforto- L’Asceta Meraviglioso – Il Favorito dal Cielo – Il mostro della Calunnia – Il trionfo dell’Innocenza – Il ritorno alla Patria – L’Erede della Gloria – La morte Preziosa -La Gloria di Stabia – L’Angelo Tutelare – L’Alluvione del 1764 L’eruzione Vulcanica del 1906- Un voto dell’Animo. Nell’ultimo sonetto il sacerdote chiede un segno al santo affinché indichi il luogo della sua sepoltura. Nella nota avanza un’ipotesi sulla sua sepoltura. Scrivendo che, viste le ricerche infruttuose presso il monte Gauro (Faito), nella vecchia chiesa di S.Maria Nova di Campagna, dove un’epigrafe accennava il prezioso deposito, ipotizza che i resti, per suo “presentimento” si trovino accanto a quelle di Sant’Antonino:

Fur vane le ricerche,
e resta ignoto
Il loco ancor, che la
bell’urna cela
Del Padre, che si rese chiaro e noto
In mezzo a noi per l’alma sua tutela.
Eppur non è muto il caldo voto
di venerarla! Ed ora più
che anela
se ne può dire Stabia; e
nel divoto
Zelo, che tutto scruta, lo rivela.
O Santo Protettor!
Un nobil segno
Ci porgi, che dimostri
dove giace
La spoglia del tuo corpo
benedetto.
Essa sarà di ceto un caro pegno
D’aita e di conforto; e più vivace
Tra i figli brillerà l’antico affetto.

Fur vane le ricerche,
e resta ignoto
Il loco ancor, che la
bell’urna cela
Del Padre, che si rese chiaro e noto
In mezzo a noi per l’alma sua tutela.
Eppur non è muto il caldo voto
di venerarla! Ed ora più
che anela
se ne può dire Stabia; e
nel divoto
Zelo, che tutto scruta, lo rivela.
O Santo Protettor!
Un nobil segno
Ci porgi, che dimostri
dove giace
La spoglia del tuo corpo
benedetto.
Essa sarà di ceto un caro pegno
D’aita e di conforto; e più vivace
Tra i figli brillerà l’antico affetto.