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Don Gino Patron un prete d’altri tempi

La sua gioia dinamica e intraprendente, il suo interesse per la gioventù fecero di don Patron un personaggio a cui gli stabiesi dovrebbero erigere un “segno” che lo ricordi ai posteri. Don Gino nacque a Pianiga (Ve) il 19 agosto 1908, la sua vocazione fu quella di seguire don Bosco nella Congregazione Salesiana. Dal piccolo paesino andò a studiare a Torino dai Salesiani dove trascorse il periodo liceale prima e di Assistente poi sempre con grande passione con i giovani negli Oratori. Nel 1937 quando fu nominato a Castellammare vescovo il salesiano Mons. Federico Emanuel volle portarlo con lui affidandogli un lavoro molto delicato, quello dei giovani dell’Azione Cattolica, ed il compito di organizzare nel cuore della città un Oratorio. Nel frattempo terminati gli studi lo stesso vescovo lo ordinò sacerdote. Don Gino iniziò subito a calamitare intorno a sé i giovani, grandi e piccoli, seguendo l’esempio e gli insegnamenti di don Giovanni Bosco. La prima palestra dell’Oratorio era insufficiente per raccogliere i tanti giovani, il vescovo allora pensò di trasformare i due giardini adiacenti della mensa vescovile in palestra, rinunciando così al raccolto di arance e limoni ma trasformando quel fondo in un altro giardino per far crescere piccole piante per la società del domani. Dopo un po’ di tempo iniziò a raccogliere i frutti, 12 sacerdoti, 4 religiosi, 300 giovani sistemati in vari posti di lavoro nei vari stabilimenti cittadini. Il periodo bellico portò distruzioni e devastazioni, don Patron fu obbligato a sospendere la sua attività forzatamente chiamato a difendere la Patria. Cappellano militare con grado di tenente nel 14 Reggimento Cavalleggeri “Alessandria” seguì le truppe italiane nella sfortunata campagna di Albania e di Grecia, in Dalmazia, ed in Jugoslavia dove lasciò i segni della fede e del coraggio. Rischiò la vita diverse volte per dare aiuto ai suoi soldati. Restò con gli italiani della Repubblica di Salò con spirito sacerdotale. Ebbe titoli e riconoscimenti militari e civili come la Croce di Guerra, la commenda del Presidente della Repubblica. Dopo lo scempio bellico tornò a Castellammare, fu una grande festa rivederlo dopo otto anni. Il suo amore verso i ragazzi divenne impegno per la ricostruzione e il recupero della gioventù. Gli fu di molto aiuto la sua amicizia con Silvio Gava. Era di casa nei cantieri navali di Castellammare e la Corderia per ogni genere di aiuto per i suoi numerosissimi ragazzi. Ancora oggi il suo nome è ricordato da quei ragazzi divenuti padri e qualcuno sacerdote. L’Oratorio risorse e rimesso a posto offriva un pasto caldo e vestiario a 400 bambini che accorrevano alla porta. Don Gino bussava alle porte del Vaticano ottenendo attraverso la POA “Pontificia Opera Assistenza” vestiario e beni di ogni genere. Il lavoro e l’apostolato continuava instancabilmente. L’energico padre organizzò scuole di artigianato e mestieri per dar lavoro ai suoi giovani. Il suo lavoro era infaticabile, iniziò ad organizzare le prime colonie marine. I ragazzi non stavano mai in ozio: mare, catechismo, preghiere, musica, recite, ecc.. La figura e l’apostolato di don Gino andò sui giornali locali ed oltre, non mancarono le parole di incoraggiamento del Papa attraverso l’Osservatore Romano, dedicandogli una poesia dal titolo : “Un prete come dico io”. Dopo tanto lavoro l’arcivescovo di Salerno fece esplicita richiesta al vescovo Emanuel di escardinazione verso la diocesi di Eboli. Il vescovo Emanuel fece di tutto per trattenerlo, così come la autorità cittadine, ma don Gino seguì la voce di Dio che lo voleva dove c’erano altri bambini ad attenderlo. Don Gino pensò anche alla sua sostituzione nella persona di un bravo sacerdote che aveva lavorato con lui da diversi anni, don Franco Di Fusco. Ad Eboli iniziò la sua opera e ancora oggi è ricordato per il suo esempio, per la parola, lo slancio e la vitalità. A 79 anni provato dalla malattia tornò nel suo Veneto, di cui non aveva perduto né lo stile né il linguaggio, in quella terra dove tanti anni prima era partito per seguire la sua vocazione nella congregazione salesiana di don Bosco. Si spese nel suo paese natale il 12 novembre 1987. Piace ricordarlo così, con la gratitudine di chi fu strumento di Dio per tanti ragazzi che come ricevettero da questo ”prete particolare” gli schiaffi (‘e pacchere, come li chiamava lui), le caramelle, le gite, i canti, le recite, anche una gran voglia di vivere nonostante tutto.

A cura di Giuseppe Plaitano

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