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Recuperare i contributi INPS non versati dal datore di lavoro, nuova sentenza Cassazione

Con l’ordinanza 11730/2024 la Corte di Cassazione ha stabilito che ogni lavoratore ha il diritto di agire in giudizio contro il proprio datore di lavoro per ottenere la restituzione dei contributi non versati. La Suprema Corte ha, infatti, riconosciuto che ogni lavoratore, in virtù del diritto all’integrità della propria posizione contributiva, deve poter intraprendere azioni legali contro il datore di lavoro, indipendentemente dalla necessità di dimostrare un danno concreto alla propria prestazione previdenziale e senza dover coinvolgere l’Inps nel procedimento.

Il caso che ha portato a questa pronuncia riguardava un lavoratore, socio e dipendente di una cooperativa, che aveva richiesto al Tribunale il riconoscimento delle differenze retributive per aver lavorato oltre le ore previste dal contratto. In aggiunta, il lavoratore aveva chiesto anche l’adeguamento della propria posizione contributiva a livello previdenziale.

La Corte d’Appello aveva respinto la sua domanda, sostenendo che non avesse legittimità ad agire, poiché non esisteva alcun pregiudizio concreto alla sua posizione previdenziale.
Il lavoratore non si è arreso e ha presentato ricorso in Cassazione. Con l’ordinanza citata, la Cassazione ha accolto il ricorso e ha annullato la sentenza della Corte d’Appello. Secondo i giudici, esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale che riconosce al lavoratore il diritto di agire contro il datore di lavoro per ottenere l’accertamento e la regolarizzazione della propria posizione contributiva, indipendentemente dalla dimostrazione di un danno concreto alla posizione previdenziale.

Tale diritto spetta al lavoratore prima del raggiungimento dell’età pensionabile per tutelare l’integrità della propria posizione contributiva, che potrebbe subire un pregiudizio in caso di omissione contributiva.

La Suprema Corte ha individuato due strumenti di tutela a disposizione del lavoratore: un’azione di condanna al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2116 c.c., che garantisce al lavoratore le prestazioni previdenziali anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi, e un’azione di mero accertamento dell’omissione contributiva, che potrebbe dar luogo a un comportamento potenzialmente dannoso.

Con tale pronuncia, la Suprema Corte ha riaffermato un importante principio di diritto a favore dei lavoratori, delineando chiaramente gli strumenti di tutela a loro disposizione.

A cura di Nicola D’Auria

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