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Il caso del Doriforo di Stabiae

In questo numero parleremo di uno dei casi di trafugamento di opere d’arte più controversi del nostro paese, che è avvenuto a pochi passi dalla mia città, lungo la collina di Varano. Oggi andremo a parlare del caso del Doriforo di Stabiae. A metà degli anni 70 sulle pagine delle principali testate giornalistiche, locali e nazionali, si parlava del ritrovamento di una testa in un cantiere edile purtroppo non sorvegliato dalla Soprintendenza ma posto nei pressi della nota Villa del Pastore, luogo dal quale erano purtroppo già avvenuti altri furti. Sembra che l’opera, risalente alla metà del II secolo a.C,, non venne consegnata nelle mani delle autorità competenti ma in quelle di un antiquario romano, attivo sul mercato clandestino di opere d’arte. Nel 1980 il Doriforo si trovò a calcare i palcoscenici archeologici della Germania, nello specifico fu esposto all’ Antikenmuseum di Monaco di Baviera e accompagnato da una didascalia che faceva riferimento alla provenienza stabiese. Il professore Umberto Pappalardo, archeologo stabiese e docente universitario, da sempre portavoce di questa battaglia, scrisse nel 2001 : ”l’opera venne orgogliosamente esibita come la migliore replica a noi nota del celebre capolavoro dell’artista di Argo, più bella ancora della copia di “doryphoros” proveniente dalla Palestra di Pompei esposta al Museo Nazionale di Napoli”. Quando il clamore mediatico si fece sempre più forte da destare l’attenzione, ahinoi tarda, delle autorità italiane, il museo di Monaco – che contava di acquisire l’opera in virtù di una sottoscrizione pubblica per una cifra di circa 6 milioni di marchi, pari, al cambio di allora, a circa 3 miliardi di lire – decise di rinunciare all’acquisto. La statua venne così restituita al mercante e da allora scomparve nel nulla, come se si fosse smaterializzata, e ciò almeno fino al 1986, quando riapparve nel Minnesota (USA), al Minneapolis Institute of Art. Questa volta attraverso vari sotterfugi, la provenienza riportata era quella delle acque internazionali riportava che la statua era stata trovata agli inizi degli anni Trenta (“in the sea off Italy”) così da scoraggiare eventuali rivendicazioni. Questa nuova collocazione del reperto è passata a lungo sotto silenzio, dato che gli studiosi si sono per lo più dedicati alla ricostruzione delle sue vicende più antiche, giungendo alla conclusione che in origine la statua adornasse l’abside di un edificio destinato a uso di ginnasio, posto al centro del pianoro di Varano e corrispondente alla cosiddetta Villa del Pastore. Il Doriforo di Stabiae risulta infatti privo di una parte del braccio sinistro, delle dita della mano destra, del naso e di parte del piede destro. A tal proposito – come auspicato anche da Pappalardo – c’è da sperare che in futuro uno di tali elementi mancanti, “– se mai sarà rinvenuto sul posto o comunque reso pubblico – potrà costituire la prova inconfutabile non solo dell’originaria provenienza da Stabia della preziosa scultura, ma forse anche del luogo esatto del suo rinvenimento”. Purtroppo nonostante le sollecitazioni e le azioni intraprese da vari governi in questi anni la statua è ancora altrove e ciò rappresenta una grossa ferita non solo per la città di Stabiae ma per l’intero paese. Purtroppo il Doriforo fa parte di una grandissima parte di opere trafugato nel corso degli anni nel nostro paese, dove il trafugamento dei beni archeologici e artistici è una piaga ancora troppo sottovalutata, che porta un introito annuale, secondo studi fatti dall’università di Princeton nel 2013, che è superiore a quello del commercio illegale di armi.