La storia dell’antica città di Pompei è stata riscoperta in seguito a scavi archeologici voluti da Carlo III di Borbone durante la metà del XVIII secolo d.C. e viene inserita all’interno dei siti appartenenti al patrimonio dell’UNESCO nel 1997. Ad oggi è nota al mondo come la città sepolta. Difatti Pompei fu distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Ceneri e lapilli hanno sommerso la città designandone la fine, ma al contempo conservandola. Molti reperti e strutture sono state rinvenute durante le indagini effettuate negli anni a venire. Spesso e volentieri questi ritrovamenti, hanno permesso la ricostruzione di quelli che erano gli usi e i costumi della popolazione romana che ci viveva. Una delle attrazioni principali del Parco archeologico di Pompei riguarda il Lupanare, edifico pressappoco triangolare situato nell’insula VII 12, riscoperto da Giuseppe Fiorelli nel 1862. La struttura si elevava su due livelli; l piano inferiore e quello superiore erano costituiti da 5 celle che contenevano un letto in muratura ed una latrina ciascuna. Fu subito chiara la funzione dell’edificio come luogo dove si praticava la prostituzione, ipotesi rafforzata dalla presenza di affreschi erotici rinvenuti all’interno delle pareti delle celle che stavano ad indicare, pratiche di amplessi. Sulla superfice di un intonaco della parete di una delle celle, è stata notata un’impronta di moneta riconducibile al 72 d.C. ciò testimonia l’utilizzo del Lupanare anche durante gli ultimi anni della città. Inoltre di grande interesse sono stati i ritrovamenti di graffiti lungo le pareti delle “stanzette” che indicavano delle frasi ma per la maggioranza erano firme di “clienti”. Questi “luoghi di piacere” venivano individuati dagli antichi romani tramite delle segnalazioni come ad esempio la decorazione di un fallo posto fuori alla struttura. La simbologia fallica, inoltre aveva dei significati apotropaici e di buon auspicio, non a caso non era inconsueto ritrovarli ad angoli delle strade. La redazione del Weekend ringrazia per questo suo contributo la dottoressa Maria Laura Parlato, brillante studentessa dell’università “L’orientale” di Napoli, la quale sta svolgendo un importante missione di scavo, con il proprio ateneo, all’interno del parco archeologico di Pompei sotto la guida del Professor Marco Giglio.
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